SE HAI UN BINOCOLO O UNA FOTOCAMERA PROBABILMENTE HAI QUESTE GENE.
Ci sono persone che non sentono il bisogno di fare i bagagli e lasciarsi alle spalle la propria casa. Non hanno voglia di viaggiare: sono soddisfatti della città in cui vivono, delle loro abitudini. Altri, invece, sempre pronti a partire verso una nuova destinazione. Il bisogno di esplorare, secondo una ricerca pubblicata sulla rivista “Evolution and Human Behaviour”, dipenderebbe dal cosiddetto “gene del viaggio”: il recettore della dopamina D4 (DRD4 7r).
Il mio nome è Daniele Dell’Osa e sono un ragazzo abruzzese della città di Chieti.
Sin da piccolo a scuola mi incuriosiva solo la lingua inglese, forse perchè già bolliva dentro di me l’idea di qualcosa di diverso e la passione per i viaggi lunghi e lontani.
Sono passati degli anni prima che questo istinto mi spingesse per la prima volta all’estero all’età di 21 anni, ma da quel giorno la mia casa è il mondo e non ho più smesso di viaggiare.
Sono partito dal basso e sono andato a lavorare come lavapiatti in Austria per una stagione invernale per poi finire in Australia.
Ho vissuto in Australia per più di 4 anni lavorando come pizzaiolo. Si potrebbe pensare che saper fare una pizza è una cosa banale, ma questo lavoro, richiesto in tutto il mondo, mi ha dato la possibilità di spostarmi facilmente e conoscere a fondo i paesi che mi ospitavano. Il cibo e la cucina sono lo specchio di un popolo e svelano secoli di cultura e sviluppo di una società. Infine, sedersi a tavola è il modo migliore per fare amicizia.
La mia passione per il viaggio è sempre stata legata all’amore per la fotografia.
Ho avuto la fortuna di avere uno zio che di lavoro faceva il fotografo e utilizzava una fotocamera Leica. Da lui ho avuto la mia prima fotocamera Leica, una fotocamera Leica V-Lux 3.
La mia prima esperienza con una Leica l’ho fatta in Australia. Una compatta ha evidenti vantaggi per un viaggiatore zaino in spalla, ma quello che ho realizzato con questa fotocamera non avrei mai potuto immaginarlo e così è iniziata una lunga serie di viaggi fotografici con Leica che mi hanno portato a toccare tutti i continenti.
Come tutti i viaggiatori “zaino in spalla”, riconosciuti a livello internazionale come backpackers, ho vissuto tantissime esperienze. Ho dormito nel deserto del Sahara in Marocco, sono stato ospitato di una famiglia in Sri Lanka, ho avuto discussioni con tassisti in Malesia e sono stato perfino derubato da un australiano in casa mia in Italia.
La mia mente è piena di ricordi, di emozioni e di colori, ma se chiudo gli occhi vedo il Costa Rica, la terra che più ha sprigionato la mia passione e creatività.
E’ stato un viaggio completamente dedicato alla fotografiaSembra passato un secolo, ma era solo il 2018.
Quel viaggio mi è valso la prima pubblicazione sul National Geographic con lo scatto in macro di una raganella occhi rossi, uno dei simboli del Sudamerica.
All’estremo opposto anche la Norvegia con le sue aquile di mare non andò per niente male.
E poi c’è casa mia. Non ho mai fatto l’errore di sottovalutare il mio Paese, una delle terre più belle e più ricche di biodiversità che esistano al mondo. Le uscite occasionali nei nostri Parchi Nazionali mi regalano sempre grandi emozioni e in Abruzzo, dove vivo, esistono aree immense che brulicano di lupi, orsi, cervi e volpi.
Nel mio ultimo viaggio con BHS Travel, un tour operator italiano specializzato in escursioni naturalistiche, ho accompagnato alcuni ragazzi alle ISOLE FAROE. Un viaggio che consiglierei a tutti gli appassionati di natura.
Per la prima volta in vita mia ho portato con me un binocolo Leica, un Noctivid 8×42.
Il caso ha voluto che nell’itinerario fosse presente una giornata escursionistica proprio nell’isola che ospita una delle più grandi colonie di Pulcinella di mare, i famosi Puffin.
Prima di avvicinarmi sono stato ed esplorare con il Noctivid le scogliere dove loro nidificano per lungo tempo per notare gli spostamenti e capire esattamente dove salire in escursione per poterli vedere da vicino.
Il binocolo ha giocato un ruolo essenziale in questa avventura perchè mi ha fatto abbattere da subito le barriere dell’incertezza sul luogo in cui cercare le pulcinella di mare.
Nitidezza all’ennesima potenza e chiarezza d’immagine che non mi sarei mai potuto immaginare.
Chi sono oggi? Sono un wildlifephotographer e un Tour Leader professionista che coordina viaggi di gruppo escursionistici e avventurosi. Organizzo mostre fotografiche e giornate di educazione ambientali per bambini. Sono una persona felice e un viaggiatore innamorato della flora e della fauna del nostro pianeta. Nel mio lavoro ricerco la perfezione nella fotografia e nell’osservazione della fauna selvatica e questo mi rende orgoglioso di quello che faccio.
Sarà vero che a svelare se siamo veri viaggiatori o meno sarebbe, dunque, il nostro DNA?
Il “gene del viaggio” regolerebbe il livello di curiosità e ci renderebbe più o meno sensibili agli stimoli esterni. La sua funzione è collegata a quella della dopamina, che svolge un’azione fondamentale nel determinare gli equilibri dell’umore. L’entusiasmo e l’emozione che proviamo prima di intraprendere un viaggio o di avventurarci in mete sconosciute potrebbero essere solo una “magia” compiuta da questo gene.
Per fortuna esiste anche un’altra teoria, un’altra spiegazione per la motivazione al viaggio che, infatti, viene da altri autori radicata nella nostra infanzia. Secondo quest’altro filone, sociologico e non biologico, quella motivazione in gran parte la impariamo ed acquisiamo da bambini, attraverso il gioco, la fantasia, l’immaginazione. Rispetto alla maggior parte degli animali, e ad alcuni dei nostri antichi antenati, da bambini trascorriamo più tempo protetti dalle nostre madri, potendo così meglio sviluppare la nostra immaginazione attraverso la fantasia, non avendo altre occupazioni o preoccupazioni più impellenti. Base della fantasia infatti è proprio il creare scenari ipotetici e mondi che potrebbero essere, e la ricerca di tali scenari e di tali mondi è ciò che sta dietro il desiderio e il carburante che, assieme, ci rendono così curiosi e ci spingono ad “andare”.
Cosa c’è oltre quel confine? Cosa dall’altra parte del mare? Sono solo alcune delle domande che hanno spinto e guidato la nostra specie umana ad esplorare tutto il mondo.
Le motivazioni del viaggio e del viaggiare, più o meno presenti in alcuni di noi, devonono essere ricercate sia tra i nostri geni, magari tra gli alleli, e sia nella nostra immaginazione, probabilmente quella alimentata dai giochi dell’infanzia.
Il sito Elite Daily, poi, riporta un altro studio, condotto da David Dobbs della National Geographic che supporterebbe queste teorie: secondo il ricercatore, “il DRD4 risulta in persone che sono più propense a prendere rischi, ad esplorare posti nuovi, a provare nuovi cibi, nuove relazioni, nuove avventure sessuali”. Comparando i geni delle popolazioni più sedentarie e quelle “migratorie”, Dobbs ha notato che i geni di questo tipo aumentavano in popolazioni i cui antenati avevano percorso lunghe distanze, partendo dalla lontana Africa.