PASSIONE, STRUMENTI E FORTUNA

Il fotografo naturalista Luca Giordano su una delle tantissime torrette di avvistamento nel Parco del Delta del Po

di Luca Giordano

E’ ormai tarda sera quando esco dall’autostrada e imbocco una delle tante statali scarsamente illuminate che attraversano in lungo e in largo il territorio. Guido lentamente, con i finestrini abbassati, nel tentativo di rendere un po’ più sopportabile la temperatura di un’automobile nera, rimasta troppo a lungo sotto il sole cocente della tarda primavera.

Un odore inconfondibile inizia lentamente a invadere l’abitacolo e le mie narici. Un odore difficile da descrivere, un odore di salsedine e di canneti, di alghe e di salicornia.

I capanni dei pescatori, chiamati in gergo cavàne sono costruzioni sospese sull’acqua tramite palificazioni. Sono le tipiche costruzioni del Parco dedicate alla pesca coi bilancini. Foto di Luca Giordano

Ancora qualche chilometro e finalmente mi appaiono di fronte le Valli di Comacchio. Una distesa d’acqua salmastra a perdita d’occhio, costellata di puntini rosa e lontani. Sorrido, consapevole che quelle minuscole macchie di colore chiaro, che spiccano a contrasto con il blu scuro dell’enorme area umida, non sono altro che fenicotteri rosa.

Fenicotteri rosa, Valli di Comacchio. Foto Luca Giordano Leica Natura Forest Italia
Fenicotteri rosa, Valli di Comacchio. Foto Luca Giordano
Fenicottero rosa. Foto di Luca Giordano per Leica Natura Tatiana Chiavegato Leica Sport Optics Forest Italia
Fenicottero rosa. Foto di Luca Giordano

L’ultima volta che ho visitato questa zona del Nord Italia ero poco più di un bambino. Tuttavia, è stato sufficiente uno rapido sguardo in direzione dell’acquitrino per far riaffiorare i ricordi. Lunghe escursioni a piedi e in bicicletta, con il binocolo sempre al collo, alla ricerca di uccelli osservati prima di allora solo sui libri.

Un caldo a tratti impressionante, oltre a zanzare a volontà. Due inezie, in confronto a cosa appesantisce l’altro lato della bilancia: un territorio che si estende per decine di migliaia di ettari, ricchissimo di acque dolci e salmastre, fitte pinete e spiagge abitate da oltre 370 specie di uccelli, 40 specie di mammiferi e più di 1000 specie di piante.

La mia base operativa è un grazioso appartamento situato al piano terra di un magnifico casale, circondato da un ampio giardino.

La prima cena in loco, piacevolmente trascorsa all’aperto tra lucciole danzanti e canti di civette lontane, è occasione ideale per pianificare la giornata seguente. Il rito della pianificazione mi ha sempre regalato un certo piacere. Si nasconde un che di magico nell’apertura di una mappa, nel dito che scorre a contatto con la carta spostandosi idealmente da un luogo all’altro. A differenza di qualche anno fa, a supportarmi nelle decisioni c’è uno strumento estremamente potente: il web.

Il casale - base operativa delle escursioni. Foto di Luca Giordano
Il casale – base operativa delle escursioni. Foto di Luca Giordano

Quando ho scoperto l’esistenza di Ornitho.it non potevo credere ai miei occhi. Raramente mi era capitato di imbattermi in un utilizzo più intelligente dello sconfinato potenziale di Internet. Su questa piattaforma, centinaia, migliaia di iscritti condividono con altri utenti le loro osservazioni naturalistiche. Segnalando i propri incontri con l’avifauna, siano questi con specie ampiamente diffuse o estremamente rare, i birdwatcher svolgono prima di tutto un’attività utile: sono numerosi, infatti, gli studiosi che, ormai da anni, utilizzano questi dati per le loro ricerche. Si tratta della famosa “citizen science” in voga nei Paesi del Nord Europa, un’attività compartecipata, che permette anche a comuni cittadini di offrire il loro contributo alla ricerca scientifica. Secondariamente, è chiaro che questa condivisione offra agli appassionati come me un’opportunità unica di monitorare gli avvistamenti più interessanti effettuati in tutta Italia, in tempo quasi reale. Per l’utente che inserisce il dato, una responsabilità non da poco, considerate le implicazioni che può avere la diffusione di informazioni riguardanti specie di uccelli particolarmente sensibili. Una responsabilità che i gestori del sito dimostrano di avere a cuore, oscurando automaticamente e opportunamente ciò che, al fine di tutelare le specie animali coinvolte, non deve essere diffuso al pubblico.

Le osservazioni riportate nei giorni scorsi su Ornitho.it mi fanno ben sperare. Una decina sono le specie che spero di poter contattare durante questa breve spedizione nel Parco del Delta del Po, quasi tutte strettamente legate alle zone umide. Dopo aver inserito gli appariscenti fenicotteri rosa nella lista del mio Big Year, dovrò confrontarmi con uccelli decisamente più ardui da scorgere, ma non affronterò questa sfida da solo.

In questa avventura potrò contare sul supporto di strumenti ottici fondamentali per l’osservazione prolungata, a grandi distanze e in condizioni di luce non sempre ideali: il luminoso binocolo Leica Noctivid 8×42, il leggerissimo binocolo Leica Ultravid HD-Plus 8×32 e l’immancabile cannocchiale Leica Apo Televid 82.

Il Parco del Delta del Po vanta decine di migliaia di ettari di territorio ricchissimo di acque dolci e salmastre, fitte pinete e spiagge abitate da oltre 370 specie di uccelli, 40 specie di mammiferi e più di 1000 specie di piante. Leica Natura
Il Parco del Delta del Po vanta decine di migliaia di ettari di territorio ricchissimo di acque dolci e salmastre, fitte pinete e spiagge abitate da oltre 370 specie di uccelli, 40 specie di mammiferi e più di 1000 specie di piante.

Inoltre, siccome otto occhi sono sempre meglio di due, a supportarmi saranno anche la mia compagna e due amici arrivati per l’occasione dal Regno Unito. Un team affiatato insomma, che supera barriere linguistiche e culturali grazie alla forza di un interesse comune: quello per la natura.

Purtroppo ci rendiamo subito conto della vastità dell’area e rinunciamo fin da subito a un’esplorazione capillare della parte veneta del Delta del Po, cercando piuttosto di scoprire tutti gli angoli più interessanti della parte emiliana. Una decisione in linea con la mia filosofia: quando mi muovo in natura, e ho poco tempo a disposizione, preferisco concentrarmi su pochi luoghi e poche specie animali, cercando di tirare fuori il massimo dalle situazioni che mi sembrano più stimolanti, piuttosto che impiegare il mio tempo spostandomi a destra e a sinistra senza mai fermarmi. La natura ha i suoi tempi e occorre rispettarli.

Le nostre giornate si susseguono simili, ma ognuna è condita da nuove soddisfazioni. Alternando tragitti in automobile a brevi escursioni e lunghi appostamenti, scopriamo un ambiente ricco di vita, ideale per stimolare la nostra curiosità e il nostro desiderio di sfida.

Cavaliere d’Italia. Foto di Luca Giordano
Nitticora. Foto di Luca Giordano

Sì perché il birdwatching, almeno per me, oltre che un hobby estremamente rilassante è pure una sfida continua. Anche prima di intraprendere il Big Year 2021 ho sempre ricavato una particolare soddisfazione dall’incontro, spesso di brevissima durata, con uccelli per certi versi rari o elusivi. Nonostante io ritenga che ogni esponente dell’avifauna nasconda in sé un grandissimo fascino, è altresì innegabile che alcune specie rappresentino un obiettivo più ambito di altre.

Mentre osservo l’ennesimo stormo di gabbiani corallini posato ai margini di uno stagno, cerco con il binocolo quella che sono solito chiamare “un’interruzione del pattern”. Qualcosa che attiri la mia attenzione di colpo, una forma diversa, una colorazione insolita, una dimensione differente. Cerco di non farmi trarre in inganno dalla luce, che quando entra nell’inquadratura frontalmente o di taglio tende a falsare dimensioni e colori. Mi accorgo di utilizzare la stessa tecnica anche quando, sulle nostre Alpi, scruto gli angoli delle pietraie alla ricerca di forme di vita. Come le rocce spigolose e grigie possono rivelare per contrasto la presenza di una lepre variabile dal morbido pelo marrone, così l’inconfondibile disegno scuro che adorna il capo di un centinaio di gabbiani corallini permette di identificare per contrasto due gabbiani rosei celati nel cuore dello stormo.

Con il loro corpo interamente candido, i due esemplari spiccano tra gli altri e mi spingono a montare il cannocchiale da osservazione.

Se il binocolo è irrinunciabile nel corso delle prime fasi di un avvistamento, l’Apo Televid 82 è lo strumento perfetto per apprezzare a pieno tutti i dettagli del piumaggio di un uccello posato anche a diverse centinaia di metri di distanza: un modo per togliere ogni dubbio all’identificatore dubbioso.

Cannocchiale Apo Televid 82 con oculare 25-50 grandangolare. Strumento utilizzato per l'osservazione a lunga distanza  durante l'escursione nel Parco del Delta del Po. Foto di Luca Giordano Leica Natura
Cannocchiale Apo Televid 82 con oculare 25-50 grandangolare. Strumento utilizzato per l’osservazione a lunga distanza durante l’escursione nel Parco del Delta del Po. Foto di Luca Giordano

Molto spesso in questi casi sfrutto anche il mio obiettivo da 500 mm e la mia fotocamera da oltre 45 megapixel per scattare fotografie meramente documentative ma utili per avere ulteriore conferma di quanto ritengo di aver visto attraverso le lenti dei miei strumenti ottici. Lo zoom digitale della fotocamera, che permette di visualizzare un ritaglio esasperato dell’immagine scattata, è un aiutante davvero prezioso per chi come me vuole essere sicuro al 100% della specie che ha di fronte.

Non tutti gli uccelli, comunque, sono così difficili da riconoscere. Penso alla coloratissima upupa, inconfondibile visitatrice del nostro giardino in occasione di una gradevole colazione all’aria aperta, o all’imponente sterna maggiore, impossibile da confondere con le altre specie della sua sottofamiglia a causa di un’apertura alare che supera il metro.

Upupa. Foto di Luca Giordano

Discorso a parte meritano i piccoli abitanti del canneto: una sfilza numerosa di uccelli simili per colori e dimensioni, che sembrano prendersi gioco dell’osservatore quando si celano alla vista dopo essersi mostrati per appena pochi secondi, ai margini del fitto. In questo caso è il canto delle diverse specie a tendere la mano ai birdwatcher più esperti, in grado spesso di riconoscere un volatile semplicemente da un breve e tenue vocalizzo.

Mentre percorriamo con la fedele e mai doma Panda 4×4 uno sterrato in prossimità del mare, rifletto sulla dote che più di ogni altra, a mio parere, ogni appassionato di avifauna deve allenare: la pazienza. Studiare il territorio e le specie di cui si va alla ricerca è importantissimo, ma forse perseverare lo è ancora di più. Per quasi tre giorni abbiamo percorso chilometri e chilometri alla ricerca di una specie iconica e spettacolare, inquadrando con i binocoli centinaia di posatoi e centinaia di potenziali target, senza successo. Pur timorosi di tornare a casa senza aver incrociato con lo sguardo il blu e l’arancione delle sue penne, non ci siamo arresi.

E lei ad un tratto si è palesata, come fosse apparsa dal nulla, appollaiata su quel filo della luce: una ghiandaia marina si mostra finalmente ai nostri occhi increduli. Mentre ci perdiamo in quella tavolozza di sfumature colorate, a breve distanza uno stormo di marangoni minori solca il cielo, sfiorando con un lento volo battuto i capanni da pesca tipici di queste Valli.

Un quadro. Un modo perfetto per salutare il Delta del Grande Fiume e i suoi abitanti alati.

LEGGI ➔ CHI È LUCA GIORDANO

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