Ho questo ricordo che torna indietro di circa quaranta anni, quando mio padre mi portò per la prima volta a osservare limicoli alle Saline di Siracusa; c’era questa salina ormai in disuso, proprio alle porte meridionali della mia città e le vasche per la raccolta del sale quel giorno, avevano un livello d’acqua di qualche centimetro, era fine agosto (avevo compiuto da poco nove anni), e arrivati a quasi duecento metri già si sentivano decine e decine di versi di limicoli.
L’irrequieta e garrula pettegola, che echeggiava ovunque, i piovanelli pancianera che, frenetici, volavano di continuo in tondo, a centinaia, gambecchi che come cavallette brulicavano lungo le sponde fangose, becchettando, pigolando, i totani mori col loro verso bisillabico, tu-iì’t, si sentivano tutto intorno.
Come ti affacciavi dal terrapieno, le vasche erano letteralmente ricoperte di 10-15 specie di limicoli, con migliaia di individui.
Ricordo, era un’emozione incredibile, una festa per gli occhi, starsene lì, col mio primo cannocchiale Leica (quello argentato), frutto di quasi un mese di stipendio del mio fantastico papà che me lo aveva regalato per il compleanno, con enormi sacrifici ma sapendo che sarebbe stato per me un compagno di viaggio per lunghi anni avvenire, e mi avrebbe tenuto saldo sulla mia sana passione del birdwatching.
Ebbene, stavamo lì, estasiati da tutta quella diversità: ogni specie col suo becco caratteristico a seconda del tipo di preda e di dove questa veniva ricercata, quindi becchi tozzi e corti (i corrieri, i pivieri e le pivieresse lungo i canali e le sponde fangose, le centinaia di fratini sulla spiaggia), becchi lunghi e dritti (le pittime, le pettegole, le pantane, i totani), becchi lunghi e ricurvi in basso (i chiurli) o verso l’alto (le delicate ed elegantissime avocette). La lunghezza e forma del becco, unitamente alla lunghezza delle zampe già ti indirizzava velocemente verso il genere e verso un gruppo ben preciso di specie, i caratteri di piumaggio poi, ti facevano individuare la specie esatta.
Era per me emozionante arrivare a distinguere magari 15 diverse specie o più, nel raggio di 500 metri quadri. E poi ascoltarne le emissioni vocali, osservarli volare avanti e indietro, irrefrenabili e instancabili.
Venivano praticamente tutti da migliaia e migliaia di chilometri di distanza, dal lontanissimo Artico.
Quel giorno stimammo circa 25.000 limicoli in totale. E così, per due decenni, ogni giugno-settembre (migrazione post-riproduttiva/post-giovanile), e febbraio-maggio (migrazione pre-riproduttiva), ero in giro per tutte le ex-saline, gli stagni, i pantani e le altre zone umide della Sicilia, a censire 10.000/20.000 limicoli nei giorni di picco di passaggio, a cercare tra questi le specie più rare (e dunque trovare qualche piro piro del Terek, il falaropo beccosottile, scoprire il primo totano zampe gialle minore per la Sicilia e i primi piovanelli pettorali ecc ecc.).
Ma questi rimangono solo ricordi ormai, perché quei numeri sono solo rilegati al passato e a quei giorni magnifici d’infanzia felice e di adolescenza serena, quando tutto era facile e stupendo, quando le giornate erano cristalline e assolate, si, ma tirava un venticello fresco anche in Agosto e pensavo che il mondo era infinito e le sue meraviglie eterne.
Poi ho visto ridursi le zone umide, di numero e di estensione, le ho viste rimanere totalmente asciutte sempre prima, le ho viste privatizzate a fini commerciali e agricoli, ho visto alcune coperte di cemento per il turismo o interrate per ricavarne terreni da coltivare (in Sicilia come in Tunisia o Marocco e altrove), e sempre di meno ho sentito echeggiare quelle migliaia di versi, e ho visto meno i variegati piumaggi da studiare, e meno individui da “spulciare” uno ad uno in cerca delle specie più rare. Oggi, alcune di queste specie rare, si osservano con sempre maggiore frequenza (anche questo molto probabilmente dovuto ai cambiamenti climatici), al di fuori delle loro rotte migratorie abituali, ma tutte le specie un tempo comuni sono sempre più scarse, con popolazioni sempre più esigue.
I limicoli vengono chiamati le sentinelle del global-warming.
I limicoli possono considerarsi gli indicatori dei cambiamenti climatici per eccellenza. Delle 245 specie di limicoli nel mondo, l’andamento demografiche è noto per almeno 192 specie. Sappiamo che di queste, il 57% è in declino da moderato a molto severo, il 12% in aumento, mentre le altre specie hanno popolazioni stabili. Per le specie che migrano da e verso l’Artico, la tendenza è ancora più pronunciata e chiara: un’elevatissima percentuale è in forte declino. In Nord America, ad esempio, 26 delle 28 specie di limicoli seguiti in uno studio scientifico mirato, ha mostrato, tra il 1980 e il 2019, un forte decremento e un andamento in costante declino soprattutto in anni recenti (Smith et al. 2023). Tra tutte le specie di uccelli al mondo, i limicoli e gli uccelli delle aree agricole e semi steppiche, sono quelli che mostrano un più evidente declino generalizzato. In un ampio studio del 2014, sempre del Nord America, è stato visto come le categorie di rischio di numerose specie di limicoli migratori sono andate aumentando da rischio minimo a vulnerabili o persino a forte rischio (Galbraith et al. 2014).
Gli uccelli limicoli che migrano verso Artico durante la primavera per nidificare e allevare i loro pulcini, approfittando dell’abbondanza di prede (invertebrati vari) durante la breve estate artica, sono diminuiti nell’ultimo ventennio a causa della perdita di habitat e del bracconaggio nelle aree di svernamento e lungo le rotte migratorie.
Giusto per fare qualche esempio: una delle aree di svernamento e sosta più importanti di tutto il bacino Mediterraneo e del Nord Africa, il Golfo di Gabés e l’Isola di Djerba, nel sud della Tunisia, ha perso negli ultimi vent’anni oltre il 70% delle coste fangose di bassa maree per il continuo sviluppo turistico che ha portato alla costruzione sempre più invasive di strutture ricettive e ricreative per i turisti (cosa che ha avuto una battuta di arresto, o almeno rallentamento, dopo gli attentati terroristici del 2015, 2020, 2023).
Questo ha portato ad una perdita considerevole di habitat idoneo all’alimentazione e alla sosta dei limicoli svernanti e di quelli migratori di passaggio, con un fortissimo impatto sulla sopravvivenza, ad esempio, dei giovani durante la loro prima migrazione a sud. Cambiando completamente aree geografica e continente, una terrificante percentuale delle aree nevralgiche per lo svernamento e la sosta durante la migrazione della così detta East Asian-Australasian Flyway (EAAF), principalmente in Cina (es lungo il Yellow Sea), è stata distrutta nell’ultimo ventennio.
Inoltre, un fortissimo bracconaggio viene registrato in tutta la Cina, verso tutta la fauna selvatica, e in modo consistente verso i limicoli. Per finire, la raccolta sistematica e a tappeto di molluschi e altri invertebrati marini, a scopo alimentare, di farmacopea “magica” e altro, ha comportato una diminuzione drammatica delle fonti di cibo nelle aree superstiti. Questo per fare solo due macroscopici esempi, ma una lista anche solo parziale comporterebbe un tomo di centinaia di pagine.
Tuttavia, anche i cambiamenti negli areali di riproduzione artici hanno certamente un ruolo nel declino dei limicoli.
Le tempistiche di arrivo nell’Artico si sono evolute nei millenni per corrispondere al picco di “prolificazione” e “sfarfallamento” massimo degli invertebrati, in modo da avere la massima disponibilità trofica per il ciclo riproduttivo. I limicoli migratori di lungo raggio, generalmente iniziano le loro migrazioni verso nord, basandosi sull’ “allungamento” della luce del giorno nelle aree di svernamento e adattano i picchi di migrazione in base alle condizioni ambientali lungo le rotte migratorie lontane dall’Artico.
Al contrario, gli invertebrati artici non sono migratori, e per emergere, sfarfallare e riprodursi vengono influenzati da condizioni locali quali la temperatura dell’aria e lo scioglimento delle nevi.
La Terra si sta riscaldando, ma non in modo uniforme.
Il cambiamento climatico è accelerato nelle regioni polari, con conseguenti potenziali discrepanze tra l’arrivo dei limicoli migratori e la disponibilità delle loro prede. Le temperature medie annuali in queste regioni sono aumentate di 2-3 gradi C dalla metà del XX secolo, con il riscaldamento maggiore durante l’inverno. I dati di numerosi lavori scientifici suggeriscono che gli invertebrati emergono in media 1-2,5 giorni prima per decennio.
Alcuni limicoli hanno risposto arrivando prima nelle zone di riproduzione artiche, ma questo varia a seconda della specie. Quelle specie che arrivano tardi in un Artico in via di riscaldamento possono adattarsi iniziando a deporre le uova prima una volta arrivate, ma la capacità di adattarsi in questo modo è limitata. Pertanto, le discrepanze tra l’arrivo degli uccelli limicoli, la nidificazione e la disponibilità di invertebrati possano essere almeno parzialmente compensate dal prolungamento della disponibilità di invertebrati indotto dal riscaldamento e dal minore fabbisogno energetico dei pulcini per mantenere la temperatura corporea.
Se le attuali tendenze climatiche continueranno, tuttavia, si prevede che alcune specie di uccelli limicoli non saranno in grado di soddisfare i bisogni energetici per un successo riproduttivo ottimale, e la sopravvivenza dei pulcini diminuirà.
In aggiunta a questa problematica, stante ulteriori studi scientifici mirati, attualmente, nell’Artico, quasi il 70% di tutti i nidi di limicoli vengono predati, il che rappresenta un cambiamento fondamentale e un problema significativo per questi uccelli.
A partire circa dagli anni ‘00 del XX-XXI sec., si sono verificati cambiamenti nel numero di lemming nell’Artico. Questi roditori sono la base della rete alimentare preda-predatore in zone artiche. A causa delle fluttuazioni di temperatura più frequenti, dello scioglimento e del ricongelamento del manto nevoso, i lemming non sono stati in grado di trovare cibo sotto la neve, portando a un collasso della ciclicità e al declino delle popolazioni di lemming in diverse aree.
Per i predatori artici, le uova o i pulcini dei limicoli rappresentano una preda alternativa; il tasso di predazione è quindi aumentato con la diminuzione del numero dei lemming.
Prima del 2000, quando i lemming erano più numerosi, i limicoli avevano un tasso di schiusa fino al 100% e praticamente nessuna predazione o solo qualche predazioni random ogni tanto. La predazione relativamente bassa è stata uno dei vantaggi della lunga migrazione dei limicoli verso l’Artico, e ha assicurato un numero sufficiente di giovani involati per anno tale da mantenere un livello ottimale della popolazioni globali.
Tuttavia, i risultati di alcuni studi mostrano che, al contrario, l’Artico oggi rappresenta una vasta trappola ecologica per i limicoli migratori dal punto di vista della predazione dei nidi.
Tale predazione peraltro, è diventata tanto più facile, quanto più i nidi rimangono facilmente raggiungibili per lo scioglimento dei ghiacci e del manto nevoso, per l’evaporazioni delle aree umide che lasciano i nidi all’asciutto (e dunque facilmente raggiungibili a piedi dai mammiferi predatori).
Come non bastassero tutte le problematiche connesse al global-warming nei siti di riproduzione, in tutte le aree di sosta dislocate lungo le lunghissime rotte di migrazione, la siccità sempre più frequente, incisiva e drammatica, sta facendo si che quasi tutti i siti di sosta obbligati (stop-over sites) siano totalmente asciutti all’arrivo dei contingenti migratori, che pertanto non trovano siti idonei al riposo, ma soprattutto non trovano prede e luoghi per alimentarsi, con un conseguente aumento netto della mortalità durante gli spostamenti migratori.
Questo è evidentissimo ad esempio in Nord Africa e in Italia meridionale. Giusto per fare un esempio relativo alla mia terra, la Sicilia, negli ultimi dieci anni, ho assistito a un inesorabile evaporazione e prosciugamento sempre più precoce di laghi, estuari, e zone umide costiere. Nel 2024, praticamente tutte le zone umide usate come sosta dai limicoli migratori, erano già totalmente secche a fine maggio-inizio giugno, proprio quando la migrazione vero sud ha inizio per moltissime specie di limicoli. Ma anche le specie che nidificano in Europa, incluse quelle che nidificano da noi, hanno avuto gravissime conseguenze a causa della siccità.
Ed evidentemente non è un caso se l’unica specie del Paleartico Occidentale che a breve verrà dichiarata estinta, dopo l’Alca impenne (Pinguinus impennis) nella metà del XIX secolo, è proprio un limicolo: il Chiurlottello (Numenius tenuirostris) (Corso et al. 2014; Kirwan et al. 2015).
Letture consigliate:
Shaftel, R., D. J. Rinella, E. Kwon, S. C. Brown, H. R. Gates, S. Kendall, D. B. Lank, J. R. Liebezeit, D. C. Payer, J. Rausch, S. T. Saalfeld, B. K. Sandercock, P. A. Smith, D. H. Ward, and R. B. Lanctot. 2021. Predictors of invertebrate biomass and rate of advancement of invertebrate phenology across eight sites in the North American Arctic. Polar Biology 44: 237-257.
https://www.science.org/doi/10.1126/science.aaw8529
DOI: 10.4018/978-1-6684-9034-1.ch007
Galbraith H, DesRochers DW, Brown S, Reed JM (2014) Predicting Vulnerabilities of North American Shorebirds to Climate Change. PLoSONE 9(9): e108899. doi:10.1371/journal.pone.0108899
Paul A. Smith, Adam C. Smith, Brad Andres, Charles M. Francis, Brian Harrington, Christian Friis, R. I. Guy Morrison, Julie Paquet, Brad Winn & Stephen Brown, 2023. Accelerating declines of North America’s shorebirds signal the need for urgent conservation action. Ornithological Applications, 2023, 125, 1–14 https:// doi.org/10.1093/ornithapp/duad003
Leggi anche: UNA FAMIGLIA NELL’ARTICO | PER RACCONTARE IL CAMBIAMENTO CLIMATICO
DI STEFANO UNTERTHINER