Fotografie e Testo di Sara Stojkovic
Sono partita!
Ho deciso di diventare una fotografa viaggiatrice per un motivo in particolare, a dire la verità, di motivi ce ne sono molti. La passione innanzitutto, la passione per la natura, la passione per la fotografia, la passione per gli animali, ma il fuoco che mi smuove dentro rimane acceso per un dettaglio che accomuna il tutto: la conoscenza. Ho scoperto la mia strada percorrendola.
Un giorno, un episodio ti sconvolge la vita e ti catapulta in un sentiero e da lì capisci subito che sei nato per fare questo.
Conoscere è il potere più bello che abbiamo. Imparare a conoscere con rispetto e educazione, ci arricchisce ancora di più. Per me è fondamentale entrare in luoghi stranieri senza imporre la mia presenza. Più riesco ad accorciare i metri che mi separano da ciò che voglio raggiungere, più imparo e capisco quanto è fondamentale il rispetto verso di esso. Noi deriviamo dagli animali, solamente ci siamo dimenticati come esserlo.
LA PENNA CHE SCRIVE LA MIA VITA È LA MIA MACCHINA FOTOGRAFICA
“Se mi guardi esisto”. Un viaggio lungo tutto il mondo alla scoperta della bellezza della vita. La mia missione è mostrare la bellezza fino al punto di far innamorare chi guarda. Il progetto “Se mi guardi esisto” nasce per difendere, per apprezzare e per dare la seconda possibilità a chi la prima l’ha perduta. Dimostrare che si può cambiare e riuscire a farlo diventa il dono più importante per tutto il nostro mondo.
SE MI GUARDI ESISTO. IL KENYA
Arrivo all’aeroporto internazionale allo Jomo Kenyatta di Nairobi e mi precipito ad affrontare la mia giornata lavorativa presso il David Scheldrick Wildlife Trust. Questa volta non come una turista. Questa volta per un lavoro vero e proprio. Il mio progetto. Se mi fermassi a spiegare e raccontare che tipo di lavoro ho eseguito all’orfanotrofio, non finirò più di scrivere per tutta la settimana magari, e voi non finireste più di leggere questo che dovrebbe essere un riassunto di un mese in Kenya. Quindi passo oltre. Vi racconterò una parte di “Se mi guardi esisto”. Quella più wild. Dopo l’orfanotrofio, passo la notte a Nairobi.
Il giorno dopo parto per la meravigliosa Ol Pejeta Conservacy. Qua, oltre che a fare un successivo reportage di tutela e salvaguardia antibracconaggio, che mi occuperà un’intera giornata, mi dedico una settimana circa al safarifotografico.
INIZIO AD UTILIZZARE PER LA PRIMA VOLTA UN BINOCOLO LEICA
La prima volta che ho messo lo sguardo attraverso le sue lenti, sono rimasta meravigliata da ciò che mi restituiva in qualità, cromia e affidabilità. È importante sapere che per il nostro lavoro possiamo affidarci a degli strumenti altamente performanti.
Mi sono scoperta molto di più ad osservare che a fotografare. È stato incredibile.
Riuscire con un oggetto pratico, leggero e portatile a scoprire animali che in altre situazioni mi sarei persa… non è da sottovalutare. Ho attrezzatura fotografia professionale molto pesante ed ingombrante. Mi concede di scattare fotografie mozzafiato, ma… tanto un oggetto è ingombrante e pesante, tanto diventa scomodo in determinate situazioni riuscire a scoprire anche l’attimo di un minuscolo uccellino come un Uccello Solare dal ventre giallo che si nasconde tra i fiori e vola in velocità folle tra una pianta e l’altra per pochi secondi.
Se sono riuscita a fotografarlo, devo tutto al binocolo, per quanto mi abbia dato la possibilità prima di tutto di scovarlo e poi riuscire ad eseguire tutti i passaggi necessari senza disturbare ilsoggetto e ad avvicinarmi con la mia attrezzatura e poterlo immortalare.
Devo ringraziare questo meraviglioso oggetto per avermi permesso di realizzare tante fotografie che ad oggi altrimenti non avrei potuto mostrarvi.
Mi fa sorridere questa cosa perché prima di iniziare una collaborazione con Leica, avevo un mio binocolo personale. Di quelli economici, di quelli che dici: “Mi basta. Non azzardo di più, tanto ci faccio ugualmente tutto”. Poi ci metti gli occhi dentro e quello che vedi non ti emoziona perché magari pieno di difetti cromatici o con una nitidezza che sfiora la sufficienza, gli occhi si stancano, senti che li sforzi molto e dopo un poco lo lasci a casa e non lo usi più.
Se invece provi soddisfazione e scopri quanto in realtà questo strumento è importante per il tuo lavoro e lo scopri grazie alla sua qualità, allora a quel punto, non ne puoi più fare a meno e il tuo lavoro diventa incredibilmente più leggero e più “facile” da affrontare.
Inizialmente il tempo a Ol Pejeta non era dei migliori. Pioveva a muro d’acqua. I giorni si alternavano tra sprazzi di sole e pioggia incessante. Ma è stato magnifico appostarsi con la Toyota Land Cruiser 4×4, sentirla sobbalzare dalle folate di vento, sentire il rumore che ti faceva diventare sordo della pioggia incessante sul tettuccio e scovare attraverso lapioggia, gli animali che continuavano la loro vita.
Vedere l’acqua che gli colava dalla testa, dal corpo e loro totalmente abituati e maestri nell’affrontare la tempesta. È stato incredibile anche riuscire a districarsi tra un muro di pioggia e l’altro e nel frattempo rincorrere il sole e fotografare gli animali che venivano colpiti dai suoi raggi di taglio, mentre gocce di pioggia incessanti da una parte e dall’altra si intrecciavano con la luce facendo nascere arcobaleni mozzafiato.
Sono stata circa una settimana ad Ol Pejeta, dormendo in campi tendati accessoriati con tutti i confort possibili. Con farfalle notturne che sbattevano incessantemente sulla protezione del mio letto a baldacchino. La sera faceva freddo, tanto che alcuni giorni non avevo il coraggio di fare la doccia nel mio bagno privato, poiché essendocomunque una tenda, non era provvista di riscaldamento. Mi dava calore una accogliente borsa d’acqua calda nascosta dentro al letto. La mia migliore amica. Tutti i campi in cui ho soggiornato erano così. Ma non è stato né un problema, né un peso. Volevo vivere il mio viaggio come se fosse una vera e propria avventura ed anche gli insetti della notte all’interno della mia tenda sono stati un po’ la ciliegina sulla torta. Volevo tutto questo.
Dopodiché ho continuato il mio viaggio verso il Lago Naivasha.
Una volta arrivata, ho sistemato i miei bagagli nel campo tendato, mi sono riposata un attimo dal viaggio stancante in Toyota attraverso sentieri con strade rotte e scomode e attraverso paesini di povertà.
Una volta rimessa in sesto, ho conosciuto le AQUILE URLATRICI.
Si, avete capito bene: ho conosciuto. Perché se sei attento a ciò che vive intorno a te, impari a conoscerlo. Il loro nome lo sapevo già, la loro figura estetica… uguale. Ma in quei giorni, le ho veramente conosciute. Ho ammirato la loro bellezza, laloro potenza ed eleganza. Il loro modo di comunicare. Ma ancora più magico, ho osservato il dialogo che avevano con i pescatori.
Siamo andanti con una barchetta a pelo d’acqua tra gruppi di ippopotami che scomparivano e riapparivano dalle acque vicini alla riva con la loro maestosità.
Erano tantissimi… tanto che spesso mi chiedevo se me li sarei visti spuntare all’improvviso con la loro bocca enorme e pericolosamente vicini o se mi avrebbero graziata conla loro calma apparente.
Una volta giunti al punto di interesse, ho appreso la comunicazione tra l’uomo e un animale selvatico e l’intelligenza di questo nel trovarsi il cibo anche tramite lo “scambio di parola” con la nostra specie. L’aquila era lontanissima, in attesa di un qualcosa, ad osservare su un albero l’orizzonte sconfinato, quando il pescatore con un fischio, cattura il suo interesse. Lei lo guarda (ho potuto osservare tutta questa interazione tramite il binocolo), un attimo di attesa e poi grida. Comunica che è pronta e si prepara a spiccare il volo. Il pescatore lancia il pesce che cade in acqua, vicino alla nostra barchetta. Lei si stacca dalla sua base imponendo al mondo le sue grandi ali e vola verso di noi.
Senza paura, ma con la consapevolezza di chi ha esperienza e a pelo d’acqua, afferra il pesce e vola di nuovo via, lontana da noi. Ora che scrivo queste parole sto vivendo di nuovo tutto nella mia testa, nelle mie orecchie e nei miei occhi e ancora resto stupita da tanta bellezza. I primi tre lanci li ho soli ammirati, da lontano attraverso il binocolo e da vicino, con i miei occhi increduli ditanta maestria di volo. Gli ultimi due lanci li ho fotografati.
MI CHIEDO SE LE AQUILE URLATRICI SANNO DI ESSERE COSÍ BELLE!
Terminati i circa otto giorni di studio in questa meravigliosa zona, riprendo i miei bagagli e parto di nuovo con la Land Cruiser. Ore ed ore estenuanti in una bellezza sconfinata e una realtà spietata. È incredibile come si fondino queste due certezze. Ti rendi conto di quanto sia grande l’Africa quando percorri km e km per raggiungere un luogopredefinito e nel tragitto vedi cambiare il paesaggio da “desertico” e arido a rigoglioso… a piante basse e qualche arbusto ad alberi imponenti. È impressionante il vedere tutta questa differenza di territorio.
Arrivo al Masai Mara. La terra dei Masai.
La mia riserva preferita. Resto in questo luogo fino alla fine del mio viaggio.
Sono già stata in questi posti. Ho fatto diversi safari. E ogni volta sono finita qua. È difficile buttare giù il cambiamento attraverso l’inciviltà e l’ignoranza. Seppure un posto magnifico e incredibile e pieno di animali selvatici… chi conosce bene questa terra se ne accorge subito.
Come un genitore si accorge del figlio se ha qualcosa che non va e anche al suo “Non ho niente” legge tutto… si percepiscono le ferite profonde dettate dal bracconaggio che sanguinano.
Lei sorride, la nostra bellissima terra davanti ai nostri occhi e si mostra fiera e complice con noi, mettendoci davanti ad uno spettacolo della natura già presente… delle nascite di pochi giorni. Non ho mai visto così tanti cuccioli. Zebre, antilopi, ghepardi, ippopotami, leoni e elefanti. Una miriade di piccoli cuccioli intenti a prendere il latte dalle proprie madri.
TUTTA QUESTA BELLEZZA SI MOSTRA SI MOSTRA RICCA E PIENA DI AMORE, MENTRE DENTRO URLA DI DOLORE E DI RABBIA.
Per questo è tanto importante per me trasmettere e far capire quanto questo bello un domani potrebbe non esistere più.
Le fotografie che facciamo in questo presente potrebbero essere la certezza di un’esistenza estinta in un futuro non troppo lontano e l’unico modo per far vedere a figli prossimi e nipoti che cosa era di bello un leone, lo si possa fare “solo” attraverso una fotografia o un video… è straziante. Vederne sempre meno... sentire parlare i professionisti del posto, di quello che succede, vedere tanto impegno per la tutela e nello stesso tempo vedere anche il fallimento in essa per via dei bracconieri e per di più anche di un turismo scorretto, è ingiusto. Fa male e deve fare male a tutti noi. Perché vi ricordo che solo innamorandoci possiamo cambiare le cose. Ed il mio messaggio è quello di far ammirare questa terra bellissima nei suoi panorami, nei suoi tramonti e nelle sue albe… nelle sue tempeste… nella sua popolazione e nei suoi animali con la loro bellezza e maestosità attraverso le mie immagini e riuscire a suscitare un’emozione viscerale che vi porti a dire…