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UN VIAGGIO CHIAMATO ADELANTE. PARTE PRIMA

RIONEGRO

Daniele Dell’Osa. Photo reporter freelance.

Un racconto diviso in quattro parti: Rionegro, Chubut, Rio Gallegos, El Chalten e Ushuaia.

Siete pronti per un viaggio straordinario?

Vi porteremo in un sogno fotografico attraverso gli angoli dell’America Latina non turistica. Un unico scopo: vivere un’avventura.

IL SOGNO

Mi trovavo in un momento della mia vita in cui sentivo che era arrivato il momento spingere, muovermi, di andare avanti. Sentivo che l’unica cosa da fare era unire le mie forze e le mie passioni, fonderle in qualcosa di grande e realizzare un sogno.

Sono Daniele Dell’Osa e sono un foto viaggiatore. Sono un avventuriero che gira il mondo con la macchina fotografica per catturare le meraviglie naturali e culturali del paese. Amo viaggiare senza troppi piani e lasciare che le cose accadono da sé. Ho sempre pensato di avere la dote del libero viaggiatore. Di partire senza troppi programmi e di seguire il flusso degli eventi penetrando nell’anima dei luoghi che mi ospitano.

Daniele Dell’Osa con il suo inseparabile Leica Ultravid 8×32

Come molti di voi ben sanno adelante in lingua spagnola significa avanti.

Cercavo un termine in spagnolo, la lingua che si parla in Sudamerica, teatro dell’avventura che mi attendeva e cercavo un termine che iniziasse per “A”, come Austria e come Australia che sono i due paesi in cui sono avvenuti i più profondi personali cambiamenti di vita e sentivo che ne stava avvenendo un altro. E quindi A come anche Argentina.

L’Austria è stato il paese in cui ho fatto la mia prima esperienza lavorativa estera nel 2009 e l’Australia è stata la mia casa per quasi 5 anni. Questa A che si ripete, forse un segno del destino.

Sentivo arditamente che l’Argentina sarebbe stato il primo paese che avrebbe dato nuova vita ai miei viaggi fotografici e alle mie avventure. Sentivo che da lì sarebbe nato quello che per me rappresenta veramente il viaggio fotografico, da vero viaggiatore.

Macchina fotografica, binocolo Ultravid 8×32, non mi serve altro. Sono pronto!

Tutto è iniziato con un biglietto di sola andata Roma – Buenos Aires.

Del volo non ricordo praticamente nulla, forse ho sognato per tutto il tempo. 

L’aeroporto di Buenos Aires era molto disorganizzato e non mi avevano neanche rilasciato il timbro all’arrivo (che rabbia, i timbri sono i timbri!).Taxi, e sono arrivato in centro in un ostello senza troppe pretese. Perfetto per le due notti prima di scendere in Patagonia. Qualche giro nella capitale, una visita allo stadio del Boca Junior, la bombonera. Fotocopia del passaporto, scheda sim e preparazione dell’attrezzatura fotografica

INIZIA IL VIAGGIO RIONEGRO

Perché proprio in Rio Negro?

Da perfetta famiglia italiana, anche la mia ha dei parenti sparsi per il mondo. Nel nord della Patagonia, nella provincia di Rio Negro (in Argentina le province corrispondono alle nostre regioni italiane), vive una cugina di primo grado di mia madre. Mio nonno aveva una sorella che negli 50 si trasferì in Argentina. Ho avuto l’occasione di conoscerla e di conoscere le figlie (le cugine di mamma appunto) e sono stato poi ospitato da una di loro, Laura.

Laura ha un vicino di casa, Pablo, che con il suo pick-up mi ha mostrato le immense steppe della Patagonia. 

Dopo solo un’oretta di perlustrazioni tra le strade infinite della steppa, avevo osservato e fotografato diversi Nandù (una foto è stata pubblicata dal National Geographic Italia), una volpe patagonica, un armadillo e diverse specie di uccelli endemici, come la Loica.

Nandù, steppa. Rio Negro. Foto di Daniele Dell’Osa.
Volpe Patagonia, steppa. Rio Negro. Foto Daniele Dell’Osa.

Come primo giorno niente male, ma aspettate il secondo giorno. Stavo per vivere l’esperienza wild più della mia vita.

Sveglia all’alba, controllo livello delle maree, binocolo al collo e via in direzione mare dove vive la colonia di pappagalli più grande al mondo, il parrocchetto delle tane – “loro barranquero”.

La colonia di pappagalli più grande al mondo. Foto Daniele Dell’Osa.

Non smettevo di osservarli, con il mio binocolo potevo vedere tutti i loro particolari, i colori sgargianti, le forme delle penne, i becchi e i loro occhi profondi. Un’emozione incredibile.

I colori del loro barranquero. Foto di Daniele Dell’Osa.

In quel periodo le acque della Patagonia erano infette da un virus che in Argentina chiamavano “Gripe Aviaria” e stava uccidendo moltissimi leoni ed elefanti marini e mi son ritrovato a documentare la colonia di pappagalli fotografando tra le carcasse di animali morti sotto i miei piedi. Era una brutta situazione, sicuramente, ma mi sentivo un vero reporter avventuriero.

Daniele Dell’Osa fotografando la colonia di pappagalli e ai suoi piedi un leone marino morto.

Ci siamo lasciati la colonia alle spalle e Pablo mi accompagna in un altro luogo magico, una caletta che quando sale la marea, si riempie di avifauna ed è stato lì che abbiamo incontrato un gruppo gigante di fenicotteri.

Rio Negro, laguna di fenicotteri rosa. Foto Daniele Dell’Osa.

La marea era alta ancora, e avevamo ancora due ore di attesa per la grande avventura: quella di arrivare ad una colonia di leoni marini raggiungibile solo guidando il quad risalendo la spiaggia.

Daniele Dell’Osa osservando i leoni marini.

Abbiamo atteso l’abbassarsi della marea, poi Pablo ha guidato il quadriciclo per circa 15km sulla spiaggia fino a che, ad un certo punto, non sono apparsi davanti a noi i leoni marini.

Colonia di leoni marini. Foto Daniele Dell’Osa.

Migliaia. Li ho fotografati in ogni modo e non erano per niente intimiditi dalla mia presenza nonostante non fossero abituati alla presenza di persone come contrariamente accade nei porticcioli. Quelli forse, anzi sicuramente, non avevano mai incontrato una persona.

Leoni marini, particolare. Foto Daniele Dell’Osa.

Ero al settimo cielo. C’erano grossi maschi dominanti che lottavano tra loro, altri maschi che corteggiavano le femmine. Gruppi di femmine tutte riunite a prendere il sole. E’ stato incredibile.

Dopo essermi rilassato ad osservarli con il mio Ultravid 8×32 è inutile dirvi che ho scattato più di 1500 immagini con un’adrenalina che arrivava alle stelle.

Leone marino. Foto Daniele Dell’Osa.

Ero ancora in balia del fuso orario e super stanco dalla giornata intensa, ma avevo troppa euforia ed energia per non poter iniziare a lavorare le immagini al computer. Ne avevo talmente tante e non sapevo da dove iniziare e non credevo ancora ai miei occhi.

Era stato tutto merito di Pablo.

L’ultimo giorno in Rio Negro è stato un giorno di relax alla guida del pick-up tra le immense steppe della Patagonia osservando i nandù col binocolo direttamente dal finestrino e di tanto in tanto, se la situazione era favorevole ed i soggetti non troppo lontani, scattavo qualche foto.

Erano passati solo tre giorni, avevo la sensazione di essere in viaggio da una vita. 

Grazie Rio Negro!

La storia continua, non perderti la seconda parte, la prossima settimana!

Testo e Foto di Daniele dell’Osa.

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